mercoledì 21 gennaio 2009

UN MALATO DI CUORE

Il professore Larry Young, biologo della Emory University di Londra, in un articolo apparso su “Nature”, ha annunciato che si stanno avvicinando i tempi in cui basterà ingurgitare una pillola per potersi innamorare.
Fino ad adesso la capsula dell’amore serviva solo per inturgidire membri stanchi oppure anziani, a breve finalmente la magica compressa blu comincerà ad essere chiamata con un nome più appropriato, la pillola del sesso.

Per adesso gli esperimenti sono stati condotti sulle solite cavie.
Dei topolini che vantavano un trascorso da latin lovers, si sono trasformati tutt’un tratto in monogami convinti, questo solo grazie ad una spruzzata di ossitocina.

Questo ormone, infatti, contribuisce a far provare sensazioni di unione con il prossimo.

Tempo fa sembrava fantascienza il poter dirigere le emozioni attraverso pastiglie, oggi gli studiosi ci informano che si potrà, con precisione, stabilire quali sensazioni provare.

Tra poco nessuno potrà più dire “non ti amo più”, semplicemente perché non sarà più una spiegazione plausibile.

Si potrà amare in eterno.

Se il vostro rapporto di coppia si sta logorando, se la noia ha preso il posto alle emozioni, basterà ingoiare un cachet appena svegliati, girarsi dall’altra parte del letto e baciare uno zombie spettinato, per giunta con il consueto alito pesante mattutino.

Guerre chimiche combatteranno dentro di noi, arriveremo ad un punto in cui non avremo più padronanza delle nostre emozioni, ci troveremo insonni, a digiuno, sospiranti e sognanti anche da soli, magari solo perché in preda a un’overdose di ossitocina.

Ho sempre preferito le sostanze naturali a quelle chimiche, le prime provocano reazioni controllabili, razionali.

Scegliere di bere una bottiglia di vino assieme a una donna, per sciogliere il ghiaccio, mi è sempre parso più romantico di sognare intrugli amorosi, da sciogliere nell’acqua, per poter ottenere lo stesso risultato.

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Ascoltando:
Fabrizio De André, Non al denaro, Non all'amore Nè al cielo, 1971
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domenica 21 dicembre 2008

LOVELETTERS IN THE SAND - PARTE TERZA (LILAC WINE)

Se mi leggete con una certa assiduità, saprete che ho smesso di fumare, sarete inoltre al corrente che l'ultimo periodo per me è stato abbastanza pesante.

Tanto da cominciare a pensare che fumare faccia bene al cuore, intorpidendolo.

Non credevo che questo post, potesse arrivare alla sua terza puntata, l’ultima.
Ultimamente una persona mi aveva chiesto se ci sarebbe stato un seguito, io prontamente le avevo risposto che, il mancato incontro, aveva precluso qualsiasi altra puntata, riflessione.
Ma certi eventi non puoi determinarli, arrivano e basta.

CIN!!!

Ieri sono riuscito finalmente a mettere in fila tutto quello che mi è accaduto, a dargli un senso, una forma.
E' così bello avere tutto chiaro, anche se solo per un’istante.

Le schizofrenie degli ultimi giorni, stranamente già da ieri mattina sembravano un ricordo, tanto da lasciarmi libera la mente e consentirmi di lavorare in pace.
Intanto attendevo il pomeriggio che avrebbe previsto acquisti assieme a mio fratello.
P. per me è l’esempio di come le cose possono cambiare.
Dopo anni di pareti invalicabili abbiamo cominciato a conoscerci e ad apprezzarci.
Non passiamo molto tempo assieme, ma è tempo di gran qualità.

"Stai tranquillo Alberto", mi dicevo, mentre passavamo da un'osteria a un'altra.
Era una giornata dedicata agli acquisti, certo, ma a Treviso è difficile schivare tutte le cantinette disseminate tra un negozio e un'altro.
L'unico desiderio era quello di non pensare, non soffermarmi su quello che è successo nell'ultimo mese, sarei andato in sovraccarico, non avrei trovato il capo della matassa.

Entrare all’interno dell’osteria gestita da S. e suo marito è stato stranamente più pesante del solito.

Il desiderio di sentirla era stato forte nell'ultimo periodo, i segnali per incontrarci e l'impossibilità di rendere questo evento reale, avevano pesantemente minato il mio sistema nervoso.

Per l’ennesima volta ho varcato quella soglia senza trovarla dietro al banco.
Poco male, diamo inizio alla danza dei calici, con in bocca il sapore forte del sangue della mia terra e le solite chiacchiere da bar.
Nel mezzo di un tango di cabernet la vedo entrare.
Gelo, freddo, ghiaccio.

Tutto mi sarei aspettato, ma non una sensazione del genere.
Nessun dialogo, nessuno scambio di sguardi.
Una continua fuga, una continua sua fuga.

Il viaggio di ritorno l’ho fatto piangendo.
Solo nella mia macchina piangevo tutte le lacrime che non ho mai versato negli ultimi dieci anni.

Piangevo perché, in un istante, ciò che per anni avevo trasfigurato, si è trasformato in polvere.
Piangevo perché in un istante mi è giunta tutta la realtà che avevo nascosto, procrastinato, mascherato e sotterrato sotto migliaia di tappeti.
Piangevo perché gli appuntamenti con la realtà non puoi traslarli di giorno in giorno, sperando che la realtà non giunga mai.
Piangevo perché per anni mi sono aggrappato con unghie e denti al passato, impiegando una quantità infinita di energie, con l’unico risultato di trasformare in spazzatura tutto ciò che mi accadeva.
Tutto per un’immagine.
Questa immagine è svanita quando, con l’ultimo sorso di vino violaceo, il suo volto è apparso attraverso il fondo del calice.

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Ascoltando:
Jeff Buckley, Grace, 1994
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mercoledì 17 dicembre 2008

HAVE A CIGAR

Sono passati quindici anni da quando, con i miei due fidi compari, mi infilai all'interno dell'ennesima festa di compleanno di sconosciuti.

In questo particolare caso, ci trovammo nel parco della casa di una ragazza, il cui volto mi rimase stampato in viso.
Non era particolarmente interessante, probabilmente non ci parlai mai assieme, ma il suo diciottesimo compleanno coincise con la mia prima sigaretta.

I miei amici, dei contemporanei gatto e la volpe, con la complicità però dell'uva, tentarono con successo la loro opera di persuasione.

Non ricordo bene la sensazione che mi lasciò in bocca, nella gola, nella mente.
Sono sicuro però che il giorno dopo ero già dal tabacchino ad acquistare un pacchetto di bionde.

Quindici anni di sigarette di tutti i tipi: light o senza filtro, biscottate o deteinate, corrette e scorrette, accompagnate da sbronze colossali o pranzi microbiotici, fumate dopo culmini d'amore e baratri d'odio.

Pochi giorni fa sono entrato in libreria ad acquistare uno dei due libri che mi stuzzicano da più da tempo, placando per un po' la mia sete.
Mentre "Dianetics" di Hubbard dovrà aspettare, "The easy way to stop smoking" di Allen Carr è stata una vera e propria rivelazione.

Le pagine scorrevano, io continuavo a fumare com'era consigliato nel testo.
Leggevo quando mi mettevo a letto, spesso dopo mezzanotte e a volte, soprattutto nel weekend, anche dopo le due.

Tutto d'un fiato o quasi, ironico, no?

A mano a mano che procedevo nella lettura, non riuscivo a capire in cosa consistesse il segreto di questo genio del marketing, qual'era la ricetta che lo aveva reso miliardario.

Vi ricordo che non avevo acquistato il libro per smettere di fumare, ma per curiosità.

Poi l'ultimo capitolo.

Prima di leggerlo sono andato in sala a fumarmi una paglia del cammello, relax, nannabobòtantenannealberto.

Il giorno dopo la mattinata è trascorsa senza il desiderio, anche se non posso dire che i successivi dieci giorni siano stati tutti semplici.

Non avevo mai considerato la sigaretta come un elemento così inscindibile da me, ma più passano le giornate e più penso che questa astinenza abbia una radice quasi sentimentale.

Passano i giorni, i fine settimana, i momenti con gli amici e ti accorgi che stai facendo tutto senza chi o cosa ti ha accompagnato in tutti quei frammenti di vita.

Sai solo che, se passerai incolume quel preciso istante, quando ti si ripresenterà non te ne accorgerai più.

Non so precisamente perché abbia intrapreso questo percorso solo ora, forse ne sentivo il bisogno, forse smettere di fumare può far parte delle mie ultime riflessioni, sulle forti sensazioni di assenza e quelle impercettibili di presenza.

Ora mi sento libero e ricettivo, con la mente aperta e svincolato dalla moltitudine di futili dubbi che costellavano le mie giornate.

E' decisamente bello, a volte, essere così curiosi.

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Ascoltando:
Pink Floyd, Wish you were here, 1975
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lunedì 17 novembre 2008

(NICE DREAM)

Certe programmazioni serali sono al limite della decenza, ma alcune volte la nostra sensibilità può trasformare il fango in Nutella.
Nella puntata della “pregiata” trasmissione 'Chi l'ha visto' della settimana scorsa, durante la quale ho potuto fumarmi una sigaretta liberando completamente la mente, era illustrata una storia alquanto patetica.
Da anni in Italia, non chiedetemi né dove né la provincia, vive un extracomunitario il quale non ricorda quasi nulla del suo passato.

Ha solo dei flashback nei quali rimembra delle percosse, maltrattamenti, ma il tutto è nebuloso...

Ovviamente questo tipo di messe in onda non sono pensate per potercele sorbire solo nel nostro belpaese, quindi ho potuto scoprire, con mio sommo rammarico, che il format è presente anche in altre sventurate nazioni.

Così il caso di una madre che vive in qualche paese dell'est Europa (anche qui non chiedetemi quale, non potete pretendere troppo) che ha perso il figlio da circa quarant'anni è stato associato a quello del nostro connazionale uomo senza passato.

Detto fatto, organizzato volo per l'anziana signora, direzione Roma.

L'incontro è stata una delle cose più penose che mi è capitato di vedere in televisione, questi due individui cercavano da anni di riempire una voragine dentro di se, l'abbraccio e le lacrime li avevano già saldati per l'eternità, anche senza sapere se realmente erano parenti.

Durante la chiacchierata che stavano facendo di fronte a un caffè è arrivato il responso dell'analisi del DNA: nessuna corrispondenza genetica.

Lo so, un'analisi preventiva avrebbe risparmiato pianti, ma avrebbe pregiudicato un'ora di trasmissione e il relativo odiens (?).

A me è venuto un dubbio.

Anche noi siamo in cerca di una persona che, nel caso non debba colmare dei vuoti, comunque ci completa, anime in pena che trovano pace nell’amare.

Se fosse possibile un test preventivo, che ci consenta di venire a conoscenza se chi ci sta di fronte o chi ci piace, è potenzialmente chi stiamo cercando, insomma la persona giusta, voi lo fareste?
Oppure preferireste vivervi la vostra trasmissione con sigle di inizio, fine, fine prima parte e Mastrota con le pentole e i materassi?

Io preferirei viverla.

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Ascoltando:
Radiohead, The Bends, 1995
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domenica 9 novembre 2008

LOVELETTERS IN THE SAND PARTE 2 (IL TIMIDO UBRIACO)

Probabilmente è vero, nell'ultimo periodo avevo cominciato a confidare un po' troppo nel destino, nel fato.

Il vento non ti sussurra il percorso da intraprendere, può soffiare così forte da trascinarti in una direzione, ma spetta sempre a te decidere.

Sono state le coincidenze di cui parlavo nel post precedente, non ho altre spiegazioni.

Le favole sono come i sogni, possono venirti raccontate, puoi narrarle, ma restano sempre personali.
Avulse da qualsiasi sistema descrittivo.

Non possiamo neanche pensare che tali distorsioni della vita reale possano essere vissute da una collettività.
Tanto meno in coppia.
Un punto di vista è unico.
Gli occhi di due persone non possono trovarsi nello stesso identico punto, nello stesso momento, è un impedimento fisico, non filosofico.

Dimostrazione per assurdo.

Sono abbastanza convinto che le storie d'amore non abbiano una fine, questo perché continuiamo a viverle dentro di noi, egoisticamente.

Si tagliano i legami, scompare quel turbinio di informazioni, parole scritte, dette e comincia un percorso interno.
Più pericoloso. Silenzioso.

Chissà che cosa sarebbe successo se...e se…porte scorrevoli di metropolitane.

La realtà è una sola, unica, singola.

Appena cerchiamo di raccontarla la deformiamo, la distorciamo, come specchi concavi, convessi.

Riflettiamo male, soprattutto quando si parla d'amore.

L'incontro con S. non c'è stato, una serie di eventi ha impedito di incontrarci.
La serie di crucci, turbe e dubbi che aveva accompagnato la data del suo matrimonio si era ripetuta quasi un mese fa.

Andare o non andare?

Sei anni (?) or sono ero indeciso se trasformarmi in un "timido ubriaco".
Questa volta, anche se mi è stato impedito di decidere, avevo già preso altri impegni, non mi era capitato mai, sino ad oggi, di decidere se non a un millimetro dal bivio.

Volpe e uva?

No, la struttura dei castelli in aria, per quanto possa essere solida, poggia su un terreno fatto di nuvole.

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Ascoltando:
Max Gazzé, Max Gazzé, 2000
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mercoledì 29 ottobre 2008

LOVELETTERS IN THE SAND

Mi è sempre piaciuto questo brano, ero piccolo e posavo la puntina del giradischi sul consunto vinile di casa.
La voce di Pat Boone risuonava nel soggiorno, cantando un elogio dell’effimero scrivere d’amore.

Le lettere d'amore sentono pesantemente il passare del tempo, degli eventi, fotografano dei momenti sottili come carta velina.

Ne ho scritte poche nella mia vita, ma quelle che ho scritto, erano rigate dalle mie lacrime.

Ultimamente una serie di coincidenze, pesantemente inspiegabili, mi sta facendo riflettere su una storia d'amore del passato.

Carboni diceva che le storie d'amore non finiscono mai.
A volte le canzoni più semplici sono le più efficaci.

C'è una persona a cui ho scritto molto, alcune lettere sono giunte a lei, altre sono rimaste qui, nei cassetti.

Talvolta penso che non ci sia nulla che io faccia, che pensi, ancora oggi, che non abbia traccia di lei.

Non è un pensiero fisso, né un’ossessione.

Sono anni che non la vedo, forse sta tutto qui il desiderio di sentirla, di parlarle.
Quando mi capita di rifletterci, sognante o illuso, segretamente credo che anche lei mi stia pensando.

A breve avrò l'occasione di poterla incontrare senza impedimenti di sorta, senza i rispettivi partners, senza figure del passato che potrebbero trasformare questo incontro in una patetica farsa.

Sono giorni che ragiono, rimugino, rifletto sul da farsi.

Non sto cercando nulla, solo di portare alla realtà una storia che oramai è solo nei ricordi.

La mente a volte fa brutti scherzi.
Comincia a rimescolare le carte, finché non ci si rende più conto se ciò che abbiamo vissuto sia stato reale o è tutto idealizzato.

Ho paura.
Ho paura di incontrarla.
Ho paura di incontrarla, trovarmi di fronte a lei e non avere nulla da dirle.

Si spezzerebbe così tutto ciò che ho religiosamente custodito dentro di me.
Una favola.

In una favola c’è bisogno di fare ordine?

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Ascoltando:
AA.VV., Brooklyn la compilation del ponte, 1985
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