Ad essere autocritici, è da un
po’ che non scrivo, questa appena trascorsa è stata l’estate degli imprevisti.
Il lato positivo è che ho raccolto
le idee, appunti e immagini che ho potuto lasciare decantare, sperando possano
nascere fiori.
Continuo a informarmi poco sui
quotidiani, cerco però di cogliere frammenti, briciole e di comporli con
logica.
Il risultato, spesso, è una sorta di
collage dadaista che raffigura dignitosamente l’intento, ma che conserva l’odore di vinilica
e i bordi frastagliati, di un’opera fatta in casa.
La crisi continua a mordere il
vecchio continente e di conseguenza il nostro paese che, a suon di grafici
decrescenti, soffoca assieme a banche e titoli azionari.
Numeri.
Spread, bond, PIL, le bocche si
riempiono di termini appena focalizzati, al bar sembrano tutti studiosi di
economia politica.
Tra un cornetto e un cappuccio si
propongono manovre, da buoni amanti del calcio siamo tutti potenziali
allenatori, poco disposti a sporcarci le mani, primi a criticare chi ha deciso
qualcosa.
Nella nebulosa di informazioni e
proposte che riguardano il nostro paese, una certezza che ci rinfranca è il
nostro enorme e insostenibile debito pubblico.
Le proposte sono le più svariate,
quello che è certo è che a poco a poco cominceremo a vendere parti del nostro
paese.
All’orizzonte si è affacciata la
Cina la quale, dopo aver acquistato parte del debito statunitense, ora sembra
voler venire a fare acquisti qui da noi.
Per anni abbiamo fatto investimenti nel
sol levante, conosciamo bene la situazione, non ci sorprenderà quindi apprendere che anche
questa volta saranno loro a dettare le condizioni, ad esempio il superamento
dei dazi doganali.
Non so voi, ma io non ce la faccio a
ragionare senza solidificare i concetti, dargli una forma, in questo caso vedo questi
giochi globali come una vera e propria guerra.
Una guerra che farò dei morti,
creerà depressione, sposterà popolazioni, lascerà territori sterili ed edifici
decadenti.
Allo stesso modo del racconto di
John Perkins, il “sicario economico”, sembra che oggi siano in atto degli
sconvolgimenti globali paragonabili a quelli trascorsi.
Questa volta però senza
armi, senza sangue, senza politica.
Lentamente la Cina ci ingloberà, ci acquisterà
senza muovere un dito.
Come nelle arti marziali, sembra che
essa utilizzi la forza dell’avversario per trarne vantaggio.
Di fronte ad una politica nazionale fintamente
ottusa, volta all’odio razziale, colma di parole per denigrare un popolo, loro
decidono di "darci una mano".
Non è che lo facciano per un atto di
compassione, credo che sia l’unica cosa che riescano a fare.
D'altronde siamo
noi ad averla tesa.
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Ascoltando:
Japan, Tin Drum, 1981