giovedì 15 settembre 2011

CANTONESE BOY

Ad essere autocritici, è da un po’ che non scrivo, questa appena trascorsa è stata l’estate degli imprevisti.
Il lato positivo è che ho raccolto le idee, appunti e immagini che ho potuto lasciare decantare, sperando possano nascere fiori.

Continuo a informarmi poco sui quotidiani, cerco però di cogliere frammenti, briciole e di comporli con logica.
Il risultato, spesso, è una sorta di collage dadaista che raffigura dignitosamente l’intento, ma che conserva l’odore di vinilica e i bordi frastagliati, di un’opera fatta in casa.

La crisi continua a mordere il vecchio continente e di conseguenza il nostro paese che, a suon di grafici decrescenti, soffoca assieme a banche e titoli azionari.

Numeri.

Spread, bond, PIL, le bocche si riempiono di termini appena focalizzati, al bar sembrano tutti studiosi di economia politica.
Tra un cornetto e un cappuccio si propongono manovre, da buoni amanti del calcio siamo tutti potenziali allenatori, poco disposti a sporcarci le mani, primi a criticare chi ha deciso qualcosa.

Nella nebulosa di informazioni e proposte che riguardano il nostro paese, una certezza che ci rinfranca è il nostro enorme e insostenibile debito pubblico.
Le proposte sono le più svariate, quello che è certo è che a poco a poco cominceremo a vendere parti del nostro paese.

All’orizzonte si è affacciata la Cina la quale, dopo aver acquistato parte del debito statunitense, ora sembra voler venire a fare acquisti qui da noi.
Per anni abbiamo fatto investimenti nel sol levante, conosciamo bene la situazione, non ci sorprenderà quindi apprendere che anche questa volta saranno loro a dettare le condizioni, ad esempio il superamento dei dazi doganali.

Non so voi, ma io non ce la faccio a ragionare senza solidificare i concetti, dargli una forma, in questo caso vedo questi giochi globali come una vera e propria guerra.
Una guerra che farò dei morti, creerà depressione, sposterà popolazioni, lascerà territori sterili ed edifici decadenti.

Allo stesso modo del racconto di John Perkins, il “sicario economico”, sembra che oggi siano in atto degli sconvolgimenti globali paragonabili a quelli trascorsi.

Questa volta però senza armi, senza sangue, senza politica.

Lentamente la Cina ci ingloberà, ci acquisterà senza muovere un dito.

Come nelle arti marziali, sembra che essa utilizzi la forza dell’avversario per trarne vantaggio.

Di fronte ad una politica nazionale fintamente ottusa, volta all’odio razziale, colma di parole per denigrare un popolo, loro decidono di "darci una mano".

Non è che lo facciano per un atto di compassione, credo che sia l’unica cosa che riescano a fare.

D'altronde siamo noi ad averla tesa.
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Ascoltando:
Japan, Tin Drum, 1981