martedì 13 aprile 2010

BE.......I'S DEAD (Bela Lugosi's Dead)

Mai come in quest'ultimo periodo si è parlato di B., è chiaro che l'organizzazione di giornate come il "No B. Day" siano chiarificatrici in questo senso.
Orde di giornalisti, da Travaglio a Feltri, da Vespa a Zucconi, vivono letteralmente grazie alla sua persona.

Oggi basta una lettera per nominarlo, persino E.T. ne necessitava due.

Ogni sua mossa, ogni suo scheletro nell'armadio viene prontamente sbattuto in prima pagina e discusso su tutti i media con un fervore che non ha precedenti.

Così quando in un documentario della BBC, mi sono sentito paragonare B. ai Beatles, ho fatto subito riferimento alla copertina di Rolling Stones Italia di dicembre 2009, in cui il nostro veniva eletto a personaggio rock dell'anno.

Ancora prima della vignetta di Staino, ho cercato più volte ad immaginarmi il mio paese senza di lui.

Non sono mai riuscito a disegnare uno scenario, eppure sono un creativo.

Si tende spesso a caricare tutti i mali del nostro sistema politico su una singola persona, io credo che le persone nella nostra società possano fare molto, ma non tutto.

Tutti i grandi personaggi della storia si nutrivano di un substrato culturale che li sovralimentava rendendoli ancora più forti, dopati.

Il mio timore è che, dopo il suo passaggio a miglior vita, possano scorrere ancor più fiumi d'inchiostro di quanti se ne sono spesi in questi ultimi anni.
B. non potrà mai avere un delfino, resterà come un dittatore, un caso isolato.

Non so se la mia passione per il Movimento Cinque Stelle, tragga forza da una mia semplicistica ed egoistica voglia di avere la coscienza a posto.

Quello che propone Grillo sul suo Blog è universalmente condivisibile, giusto, onesto e pulito.

Eppure, nonostante fosse uno dei pochi ad aver spiegato perfettamente il contenuto del suo programma, nel corso delle ultime elezioni non ha conquistato percentuali rilevanti.
Addiritttura nelle regioni in cui ha avuto un risultato soddisfacente, si è preso pure insulti da parte del Pd e dei relativi sostenitori.

Nonostante la mia simpatia per il Movimento, non so se una democrazia dal basso sia attuabile, soprattutto in Italia.

Ogni paese ha bisogno di una forma di governo specifica e, come la storia insegna, se non ce l'ha piano piano la sua struttura si assesta finché il tutto funzionerà al meglio.

Nel Belpaese siamo abituati a pagare qualcuno perché ci risolva i problemi, ci offra un servizio.

Siamo troppo impegnati con il lavoro (finché c'é), la famiglia (idem), la televisione (idem), i social network, così delegare è divenuto imperativo.

Delegare ad una rockstar, agli occhi di qualsiasi disinformato, fa sentire meglio rispetto che affidarci a figure poco convincenti dal punto di vista mediatico.

Non sono le televisioni, il denaro, il potere a rendere B. inattaccabile.
Così inattaccabile da augurargli disgrazie mediante vignette.

E' piuttosto la mancanza di scenari alternativi che spaventa gli italiani.
Anche quelli che, informandosi, temono per il domani come me.
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Ascoltando: Bauhaus, Press Eject and Give Me The tape, 1995

lunedì 12 aprile 2010

LINEA GOTICA

La vignetta di Staino pubblicata su L'Unità di domenica, ha suscitato non poco clamore da parte di quasi tutti gli schieramenti politici.
Nell’illustrazione è rappresentato Bobo (storico personaggio presente nelle strips del vignettista) che dice a sua figlia: “Novantasei membri del governo polacco spariti in un colpo.”
Ilaria risponde: "La solita storia: a chi troppo e a chi niente"

Il riferimento alla politica italiana è evidente.

L'attuale governo è rappresentato da uomini che si vantano di parlare all'elettorato, dicendo le cose che tutti pensano, ma nessuno ha il coraggio di dire.
Sono certo anche che alcuni, alla tragica notizia dell'incidente aereo, hanno sperato nell'intervento di una giustizia divina, per attuare i propri desideri politici in Italia.

Penso però che argomenti come la morte e la malattia, possano escludersi automaticamente come argomento di scherno e derisione.

Sottolineo che questo sia auspicabile come atteggiamento contemporaneo, la storia dell’uomo infatti  è costellata di esempi di irrisione della morte, al fine di renderla meno tragica.

Ridere per vincere la paura.


Nell'ultimo periodo mi sto interrogando su quale sia il limite della satira, complice anche la lettura parallela dell'ultimo libro di Luttazzi.

Francamente non mi interessa se certe forme d'arte offendano Feltri oppure Belpietro, Zucconi o Travaglio.

La satira è un'arte, è comunicazione, semplicemente condivisibile o no, il semplice fatto che ci sia ci fa sentire più liberi perché ci fa capire che l’espressione non è imbrigliata dalla censura.

Quanti artisti avremmo perso, se la censura fosse stata ancora più cieca di quanto non lo sia stata in passato.

Per me il "Pissing Christ" di Serrano non è un'opere d'arte, ma semplicemente una provocazione bella e buona.

Decenza e buongusto dovrebbero regolare le forme di espressione, non l’esplosione di un artista a fronte di personali rotture di vincoli.


L’arte non dovrebbe essere solo un egocentrico sfogo,  togliersi sassolini, anche se sono macigni..

Se inscatolando merda e firmando orinatoi, Manzoni e Duchamp non hanno fatto del male e nessuno, Staino e Serrano, a mio avviso ,si sono spinti oltre la linea di demarcazione .

Quel tratto leggero e tremolante che divide l'arte dalla sterile, ma violenta, provocazione.

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Ascoltando: Consorzio Suonatori Indipendenti, Linea Gotica, 1996

sabato 3 aprile 2010

PERSONE SILENZIOSE

Recentemente ho guardato un filmato di una conferenza tenuta da Renzo Piano sulla tematica “Cos’è l'architettura”.

Devo dire che sono partito con dei preconcetti abbastanza forti.
L'avevo vista infatti, soprattutto nel titolo volutamente eccessivo, come una mossa decisamente egocentrica e pretenziosa.

Piano è un architetto che ho visto poco amato in ambito accademico, perlomeno negli anni in cui io ho studiato a Venezia.
Col passare del tempo mi sono fatto l'idea che forse innanzitutto vi era una gran componente di invidia, ma anche perché nel suo operato egli non si è mai piegato a un manierismo, non si è lanciato ciecamente all’inseguimento di un’estetica fine a se stessa.
Ciò lo ha reso di difficile identificazione.

Gli accademici hanno infatti continuamente bisogno di parametri, per catalogare persone e opere in correnti, non riuscendo a farlo, si trovano spiazzati.

Mentre l'architetto genovese spiegava questa nobile arte attraverso il suo operato, mi è capitato di soffermarmi su una parte forse meno squisitamente legata all'architettura.

Era il racconto di un Piano ragazzino, cresciuto nel dopoguerra, il quale narrava di come le cose in quegli anni migliorassero di giorno in giorno.

Le città erano sempre più belle, il cibo era sempre migliore, le persone più felici.
Nei suoi occhi sembrava di ripercorrere il nostro paese che stava fiorendo.

Queste sensazioni positive, diceva, ti entrano nella pelle e ti accompagnano per tutta la vita.

Se penso a cosa mi porto io sotto la pelle, sono bei ricordi di un’infanzia e una adolescenza spensierate.

Ma sono anche anni di pance piene, di consumismo, di oggetti comprati e gettati senza domandarsi dove andassero a finire.
Anni di vacche grasse munte a dismisura.
Anni di corruzione, di cose taciute, di benessere di facciata, di “comevàbenegrazietègrazieanchioscusamadevoscappare".

Anni in cui l'invenzione delle esigenze si è sostituita alla semplice soddisfazione di bisogni.

Questo è un anno in cui si parla e si parlerà poco della situazione economica, anche se le previsioni non sono delle più floride, salteranno infatti molti altri posti di lavoro.

Le televisioni continuano invece a sventolare tette e culi.

L'orchestra suonerà mentre il Titanic sta affondando.

Negli occhi delle persone leggo la paura, la leggo talvolta anche quando mi guardo allo specchio.

L’omertà dei media, ha come conseguenza principale l'idea che parlare dei problemi, sia un male.

Un veicolo di sventura.

Come se un fallimento dovesse essere a tutti i costi nascosto.

Vogliono farci dimenticare che, gran parte delle persone che siamo costretti a vedere sui rotocalchi e in televisioni, sono veri e propri esempi di fallimenti.

Depravati, incapaci di costruire una famiglia sana, individui senza dignità sotto megawatt di riflettori.

Esseri meschini coperti da coltri di cerone.

Ci stanno consegnando tra le mani un’italiucola di persone incapaci di chiedere scusa, di rendersi conto dei propri errori e ripartire.

Questa è l'Italia che la mia generazione si porta sotto la pelle.

Un paese di persone silenziose.
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Ascoltando
Luca Carboni, Persone Silenziose, 1989

martedì 16 marzo 2010

SAY HELLO TO THE ANGELS


Si avvicinano le elezioni e il clima politico si fa sempre più infuocato.
A colpi di intercettazioni, dimostrazioni di forza, accuse e processi, si cerca di tirare l'acqua al proprio mulino.

I mezzi di informazione sono in mano a due persone, facciamo tre, ognuna appartenente a uno schieramento politico.

Anche se, in pratica, i finanziamenti li paghiamo noi ogni giorno con le nostre tasse.

Per informarmi, insomma, sono costretto a pagare due volte lo stesso quotidiano, conscio del fatto che sostengo anche quelli che considero spazzatura e inattendibili.

A volte penso cosa deve essere stata l'informazione della prima repubblica.
Utilizzo convenzionalmente questa accezione perché storica, nulla in verità è cambiato.

Mio padre si guardava telegiornali palesemente schierati, per avere un'informazione decente doveva leggersi tre quotidiani e fare la media.
Oggi ne legge solo uno, da buon pensionato preferisce sentirsi dire ciò che gli piace.

Le notizie che invece mi sorbisco ogni giorno, rimbalzano a suon di radiogiornali, internet, telegionali.
Subito sono pronte le vignette satiriche, i messaggi di facebook e twitter, i commenti di risposta scritti da chi invece non la pensa come noi.

Questo turbinio di indignazione si spegne in breve tempo.
Marco Paolini in uno spettacolo giustamente ha asserito che «In Italia l’indignazione dura meno dell’orgasmo. E poi viene sonno».

Un fuoco che arde il doppio dura la metà.

Non mi sento di biasimare i politici quando parlano di una legge sulle intercettazioni.

La popolazione italiana in media ha 43 anni, le alte cariche dello stato invece sono dei dinosauri, caratterizzati da un lungo passato e un breve futuro.

Vogliono farsi i loro affari in tranquillità.
Senza gente tra le palle.

Se immaginiamo cos'è stato perpetrato per anni nel nostro paese, una presunta telefonata a un direttore di un telegiornale per bacchettarlo è un'inezia.

Ottantuno persone hanno perso la vita tra le isole di Ponza e Ustica.

Non si contano le prove che sono state fatte sparire, i depistaggi, le dodici morti sospette di persone legate alla tragedia.

Tre di questi, morti impiccati.

Se cerco di staccarmi oggi da questo brulicare di persone, rese rabbiose da abili burattinai, non riesco a vedere cosa rimarrà domani.

Non riesco ad immaginare cosa sinteticamente scriveranno i libri di storia.

Probabilmente diranno che, mentre la nostra repubblica delle banane si stava affossando distrutta dai debiti, dalle folli spese del governo, da un terreno puzzolente saturo di rifiuti tossici, noi ci battevamo per i calzini azzurri o per imbavagliare Travaglio.
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Ascoltando
Interpol, Turn on the Bright Lights, 2002

lunedì 15 marzo 2010

CHILD IN TIME


La "Festa della donna" da poco trascorsa, mi ha lasciato l'immagine di una marea di donne festanti senza freni inibitori.
Donne che si divertono all'interno di un locale, dove l'uomo era relegato a servirle e farle divertire.

Una boccata d'aria, per le molte che spesso non possono uscire, a causa di svariati problemi: i lavori da svolgere in casa, i pargoli urlanti o un ragazzo troppo geloso.

Ogni anno si tende a dire che si dovrebbe fare di più per loro.

Testate giornalistiche, ogni inizio marzo di tutti gli anni, elencano le quote rosa all'interno dei vari governi europei.
Un servizio che termina con la figura della forte donna manager.

Una recente indagine ha dimostrato tre quarti degli uomini dirigenti d'azienda pensano che la donna meriti di più.
La stessa percentuale pensa che la maternità sia un problema.

La maternità costa ogni anno meno dello 0,25% dei costi di gestione del personale, il che in se non è un granché.

A questo irrisorio costo si aggiungono le formazioni da fare per le sostitute, gli affiancamenti e il reinserimento della neomamma, sommati fanno poco più di ventitremila euro.

Praticamente le spese di cancelleria per una medio-grande impresa.

"So' tre etti sinniora, che faccio sinniora, lassio???"


Nonostante questo, dopo il primo figlio, il 25% delle donne del Sud si ritrovano disoccupate, mentre al nord "solo" un 19%.

A queste paure si sommano i timori di quanto costi mantenere un figlio, anche in termini di tempo.

Da piccolo ho passato veramente poco tempo con i miei genitori, nonostante questo sono riusciti a trasmettermi tanto.
Penso che sia difficile trasferire qualcosa con poco tempo.

Oggi ci pensano la scuola e i media.
E' in questo che c'è da avere paura.

Un figlio è diventato un vero e proprio bene di lusso.

La conseguenza è una ritardo nella decisione di procreare, ciò si traduce in parti cesarei sempre più difficili e genitori sempre più stanchi.

Una società che non è sostenibile sotto il punto di vista della procreazione, è una società destinata a morire.

Altro che allungamento dell'aspettativa di vita.

Non sono la sterilità, l'impotenza, l'individualismo, le coppie che non funzionano a uccidere la nostra popolazione.

E' l'aver reso il principio base della nostra esistenza un lusso.
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Ascoltando
Deep Purple, Made in Japan, 1972

giovedì 11 marzo 2010

ONE


Complice forse questa folle neve a metà marzo, guardando fuori dalla finestra dell'ufficio, ieri il paesaggio mi è parso più sinistro del solito.

Una serie di pensieri senza logica apparente si sono accavallati, allora ho cercato di trovare un filo logico.

Un pretesto.

Il clima si annunciava ostile già da inizio settimana, un vento gelido soffiava animando oggetti e alberi.
Uscendo da casa mia, mi sono immesso in un viale alberato, dove una serie di macchine continuava a fare slalom invadendo l'altra corsia.

Un ramo era caduto in terra e nessuno lo aveva raccolto.

Mi sono così domandato quanto tempo sarebbe rimasto a terra quell'enorme ramo prima che qualcuno rendesse un favore alla comunità.

Si perché sono queste piccole cose che rendono migliore la vita agli altri.

Respiro l'aria e sembra che tutti i giorni siano intrisi di quel rarrefatto nevischio che si insinuava nelle mie narici.
E' un'atmosfera gelida, dove il concetto di comunità si è evoluto, alterando il nostro senso di condivisione.

Ricordo le navigazioni all'interno degli internet café nella metà degli anni '90, e le discussioni con la mia ragazza di allora, incentrate su quale sito visitare.

Oggi la navigazione di gruppo è impensabile, al limite navighi e poi condividi.

Il web 2.0 ci permette di fare cose veramente interessanti, ma spesso è una egocentrica esistenza all'interno di un sistema pressoché infinito, in continua espansione.

Attraverso la condivisione di link, adesione a gruppi su facebook e semplici click, crediamo che il sistema migliori.

Sarebbe opportuno però accorgerci che mentre le nostre comunità sul web, i nostri blog e i nostri profili su facebook sono sempre più eticamente attivi, ecologicamente coerenti e politicamente indignati, i rami marciscono in mezzo alle strade, ostruendole.
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Ascoltando
U2, Achtung Baby, 1991