sabato 3 aprile 2010

PERSONE SILENZIOSE

Recentemente ho guardato un filmato di una conferenza tenuta da Renzo Piano sulla tematica “Cos’è l'architettura”.

Devo dire che sono partito con dei preconcetti abbastanza forti.
L'avevo vista infatti, soprattutto nel titolo volutamente eccessivo, come una mossa decisamente egocentrica e pretenziosa.

Piano è un architetto che ho visto poco amato in ambito accademico, perlomeno negli anni in cui io ho studiato a Venezia.
Col passare del tempo mi sono fatto l'idea che forse innanzitutto vi era una gran componente di invidia, ma anche perché nel suo operato egli non si è mai piegato a un manierismo, non si è lanciato ciecamente all’inseguimento di un’estetica fine a se stessa.
Ciò lo ha reso di difficile identificazione.

Gli accademici hanno infatti continuamente bisogno di parametri, per catalogare persone e opere in correnti, non riuscendo a farlo, si trovano spiazzati.

Mentre l'architetto genovese spiegava questa nobile arte attraverso il suo operato, mi è capitato di soffermarmi su una parte forse meno squisitamente legata all'architettura.

Era il racconto di un Piano ragazzino, cresciuto nel dopoguerra, il quale narrava di come le cose in quegli anni migliorassero di giorno in giorno.

Le città erano sempre più belle, il cibo era sempre migliore, le persone più felici.
Nei suoi occhi sembrava di ripercorrere il nostro paese che stava fiorendo.

Queste sensazioni positive, diceva, ti entrano nella pelle e ti accompagnano per tutta la vita.

Se penso a cosa mi porto io sotto la pelle, sono bei ricordi di un’infanzia e una adolescenza spensierate.

Ma sono anche anni di pance piene, di consumismo, di oggetti comprati e gettati senza domandarsi dove andassero a finire.
Anni di vacche grasse munte a dismisura.
Anni di corruzione, di cose taciute, di benessere di facciata, di “comevàbenegrazietègrazieanchioscusamadevoscappare".

Anni in cui l'invenzione delle esigenze si è sostituita alla semplice soddisfazione di bisogni.

Questo è un anno in cui si parla e si parlerà poco della situazione economica, anche se le previsioni non sono delle più floride, salteranno infatti molti altri posti di lavoro.

Le televisioni continuano invece a sventolare tette e culi.

L'orchestra suonerà mentre il Titanic sta affondando.

Negli occhi delle persone leggo la paura, la leggo talvolta anche quando mi guardo allo specchio.

L’omertà dei media, ha come conseguenza principale l'idea che parlare dei problemi, sia un male.

Un veicolo di sventura.

Come se un fallimento dovesse essere a tutti i costi nascosto.

Vogliono farci dimenticare che, gran parte delle persone che siamo costretti a vedere sui rotocalchi e in televisioni, sono veri e propri esempi di fallimenti.

Depravati, incapaci di costruire una famiglia sana, individui senza dignità sotto megawatt di riflettori.

Esseri meschini coperti da coltri di cerone.

Ci stanno consegnando tra le mani un’italiucola di persone incapaci di chiedere scusa, di rendersi conto dei propri errori e ripartire.

Questa è l'Italia che la mia generazione si porta sotto la pelle.

Un paese di persone silenziose.
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Ascoltando
Luca Carboni, Persone Silenziose, 1989

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