martedì 12 ottobre 2010

THIS GARLIC CAKE

La trasmissione "dadada", la scorsa estate in onda su Raiuno, ci ha presentato ogni sera uno spaccato di un'Italia persa.

Un paese mancato.

Alle volte ci si domanda dove siano finiti i vari Gasmann, Bene, Tognazzi.
Bastava una loro intervista per fare cultura, donare una ventata di ossigeno.

In un paese come il nostro la padella sembra essere uno sbocco economico e culturale.

Per mesi mi sono chiesto dove andassero a finire tutti i cibi che preparavano in televisione.
E’ inutile che cercate di farmela bere, no, io non ci credo che voi cuochi e conduttori riusciate a mangiare a tutte le ore.
Dubito del fatto che questi professionisti trovino il tempo persino di tornare alle proprie cucine dei rispettivi rinomati ristoranti.

Mai come ora Castelmagno, lardo di Colonnata e carne di Chianina, sono sulla bocca di tutti, anche non in senso figurato.
Anche la cultura del bere bene si sta decisamente diffondendo, gli scaffali dei supermercati lo dimostrano.
Gli italiani sono un popolo pingue, contraddistinto da un fisico appesantito da anni di benessere e una gioventù  annoiata.

La cucina diventa la tela da dipingere, il blocco da scolpire, un singolare mezzo di espressione.

Sono convinto che questa forma d’arte sia una delle poche in cui ancora oggi dimostriamo palesemente la nostra leadership.

Sacrificherei gran parte degli approfondimenti culturali dei telegiornali nazionali, che troppo spesso dedicano tempo e denaro a talent show e fuocherelli di paglia.
Rinuncerei persino a quel poco di finanziamenti che il governo concede alla cultura, sperperati dall’ignoranza delle amministrazioni.

Proviamo a immaginare uno stato in cui tutti gli sforzi economici e tutti i media si occupano di tagliatelle e rigatoni, costate e filetti, al posto di fare programmi di approfondimento politico.
Sarei persino contento.

A differenza di certi presentatori e personaggi politici infatti, sono pochi i cibi che non digerisco.
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Ascoltando:
Samuel Katarro, Beach Party, 2008

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