sabato 13 settembre 2008

POLVERE

E' stata la visione delle splendide opere del fotografo goriziano Kusterle (grazie PV della segnalazione), il motivo che mi ha spinto a scrivere su questo tema.
Le definisco opere perché mi sembra riduttivo parlare di ritratti, fotografie.

Il solito pretesto del tema è il titolo di una canzone, un brano di Ruggeri che ho iniziato ad amare sin da piccolo, assieme a "Il mare d'inverno".

Spesso passo giornate chiuso in ufficio, riparato dall'esterno da spesse finestre ermetiche, respirando la brezza che spira dal climatizzatore.

A volte penso che il  mondo sterilizzato in cui vive Michael Jackson, più che una follia, sia semplicemente l'opera di un visionario.
La chirurgia estetica, lo sbiancamento della pelle, la camera iperbarica in cui dorme sembrano più che mai attuali a distanza di vent'anni.

Per la nostra cultura estetica, gli oggetti su cui si è posata la patina del tempo, i mobili poveri e vecchi ruderi, recuperano valore solo perché consunti, non perché abbiano una valenza artistica.

Ogni giorno mi ritrovo costretto a sopportare con un continuo rumore di fondo, un brusio visivo.
Arte digitale artificialmente sporcata.

Le fotografie che ho visto mi hanno ricordato i pezzi di legno che trovavo da piccolo sul bagnasciuga, restituiti dal mare, consumati dalla salsedine e dalla sabbia.

Siamo affascinati dal passare del tempo e dagli oggetti che esso ci regala, anche se sono frutto di un solo granello di polvere.

Forse sono solo perle per i porci.

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Ascoltando:
Enrico Ruggeri, Polvere, 1999
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