mercoledì 12 marzo 2008

OLD MAN

Nella maggior parte delle culture  di aggregazione sociale, l’anziano è colui che detiene la saggezza.
Di fronte ai suoi occhi sono scorse molte stagioni, centinaia di foglie sono cadute ai suoi piedi.
Tutta la tribù porta rispetto per il decano, chiede consiglio e si prostra di fronte alle sue decisioni.

Sinceramente non riesco a rapportare a oggi il concetto di vecchiaia, a trasporlo nel contemporaneo.
Probabilmente, nel medioevo, una persona veniva considerata anziana a soli quarant’anni.
Alessandro Magno non compì mai quell’età, ma a sedici anni era al comando dell’impero Macedone, mentre suo padre era impegnato nell’assedio di Bisanzio.

Oggi, se la politica è lo specchio della società, ci ritroviamo di fronte ad un monopolio di attempati.
Settantenni sostenitori del concetto NIMB, incapaci di delegare, che si propongono come unici salvatori di una situazione solo a loro chiara.

Ne ho visti troppi dalle mie parti ragionare in questo modo.
Persone attaccate morbosamente alla "fabbrichetta", incapaci di far svolgere le proprie mansioni a qualsiasi altro essere.
Uomini che sul letto di morte vedono crollare, ai piedi del loro capezzale, le fatiche di una vita.
Individui incapaci di lasciare il proprio posto a chi tocca.
Viviamo in una nazione di persone che non sono in grado di rendersi conto che il tempo scorre, inguaribili adolescenti e malinconici adulti.
Mai che gli uni e gli altri si rendano conto di dover lasciare il passo alle nuove generazioni.

Probabilmente siamo alla deriva perché nessuno ci lascia la possibilità di essere attivi in quello che facciamo.

Nel corso del tempo, l’immagine di anziano che condivide la proprie esperienza, è sostituita da una rappresentazione di un triste avaro.
Nella tomba porterà con se i suoi segreti.

Ricchezza mai condivisa.
Di un vecchio uomo.

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Ascoltando:
Neil Young, Harvest, 1972
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