mercoledì 22 aprile 2009

SUMMERTIME

Da piccolo trascorrevo parte delle vacanze in un paesino sperso tra le colline della pedemontana.
La sera ovviamente non uscivo, quindi la televisione e i libri erano i miei unici compagni.
Ricordo con chiarezza, che trasmettevano una trasmissione che si chiamava "I racconti del brivido", serie televisiva che non ho più rivisto.
Un episodio mi rimase particolarmente impresso, il tempo ha fatto il suo corso e i ricordi oggi sono abbastanza vaghi, inoltre non sono riuscito a reperire materiale in rete.
La sensazione che mi è rimasta sul palato è di un'amarissima claustrofobia.

In pratica era rappresentata una famiglia che viveva tranquillamente in casa, finché un giorno gli abitanti si rendevano conto di non poter uscire dalla propria abitazione, uno strano liquido cominciava a spandersi per casa e le pareti cominciavano a restringersi.
In breve accadevano fatti inspiegabili.

L'inquadratura alla fine dell'episodio era rivolta a una bambina che giocava con una casa per bambole.
Si scopriva così che in realtà la famiglia era costituita di pupazzi di plastica che semplicemente avevano acquisito il dono della ragione.

Era tutto finto.
Diventati esseri pensanti.
Il crollo di un sistema.

In questo periodo di sconvolgimenti economici, dove anche le superstar dell'economia si appendono al cappio e altre stanno preparando perfetti nodi scorsoi, penso che la società contemporanea forse non è mai stata pronta a recepire la verità.

A volte mi sento come un Ken che si è svegliato in una casa dalle pareti in una plastica troppo leggera, troppo sottili per isolarmi dalle urla di chi vive in condizioni disumane, in virtù del privilegio di pochi.

Spero solo che quella che sta arrivando non sia un'estate troppo calda da squagliare me e Barbie.

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Ascoltando:
Miles Davis, Porgy & Bess, 1958

giovedì 16 aprile 2009

POWER TO THE PEOPLE

I lettori affezionati del mio blog sapranno già che non amo guardare la televisione, a meno che non trasmettano un film particolarmente interessante.

Ultimamente tendo anche a non interessarmi riguardo la programmazione serale, preferisco uscire, stare in mezzo alla gente, oppure rinchiudermi in camera con un buon libro.
Perfino i telegiornali, mezzo che ho sempre utilizzato per disinformarmi, cominciano a diventare un rumore di fondo mentre sto mangiando.
Principio di autismo cosciente.

La radio diventa così l’unico mio contatto con il mondo, infatti il bunker dalle impenetrabili pareti che mi sono costruito attorno, è invalicabile anche per le persone, le informazioni che colgo “al bar” per me sono semplice folklore.

La sovraesposizione mediatica alla quale è sottoposta la regione dell’Abruzzo in questi giorni è evidentemente schifosa.
Riguardo a questo argomento è stato detto di tutto e di più.
Come al solito si è passati dal cordoglio all’unità nazionale, successivamente sono nate le prime polemiche sfociate nella consueta disputa politica, neanche fossimo allo stadio.

No, gli stadi non si sono fermati.

Stasera ho deciso di prendere parte a questo continuo urlare, a questo odio che porta le persone ad uccidere per un parcheggio rubato.
Mi sono piazzato sulla poltrona, in pigiama e mi sono guardato Anno Zero.
Varie figure si intervallavano, alcune più credibili, altre decisamente fuori luogo.
Ho provato a un certo punto a estraniarmi completamente, come se non conoscessi nessuno, come se non esistessero fazioni politiche, ma solo uomini e fatti.

Quello che ne ho evinto è l’immagine di un popolo, quello italiano con la “i” minuscola e non quello Aquilano, completamente sfiduciato nei confronti delle istituzioni.

Ci sentiamo impotenti di fronte a chi ci governa, come se “lo stato” fosse una piovra che succhia denaro e che si permette di fare ciò che vuole.

Oggi forse ho letto realmente qual’è lo scenario politico di Beppe Grillo, ciò che vorrebbe far fare a questo paese.
Non mi sento di appoggiarlo, ma non si può denigrare una persona che tenta di far capire al popolo che il potere è già nelle sue mani.

E’ coscienza civica.

Denunciare, indignarsi e cercare di fare chiarezza nella nostra quotidianità è un ottimo modo per far funzionare le cose.
Partire dal basso per nutrirci di una coscienza sociale.
Non ce la faccio più a sentire parlare di “lo stato”, “il governo”, “i parlamentari”.
Lo stato siamo noi, punto e basta.

Gli sprechi sono nostri, il cemento lo gettiamo noi, la spazzatura la gettiamo noi.

La democrazia la uccidiamo noi.

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Ascoltando:
John Lennon, The John Lennon Collection, 1982
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domenica 8 marzo 2009

NO PRESSURE OVER CAPPUCCINO

Certi album musicali, alcune canzoni entrano nella tua vita come il comparire di un'allergia: il giorno prima ne sei immune e tutt'un tratto invece non riesci più a farne a meno.

Così, questa volta, mentre l'asfalto correva sotto di me, il sottofondo era quello di Alanis Morissette.

E’ difficile ricordare quante volte mi sono commosso di fronte a una canzone.

Ancora una volta, dalle casse usciva un arrangiamento così perfetto, sembrava che i musicisti si muovessero all'interno di una stanza il cui pavimento era cosparso di gusci d'uovo.

Da certe sovrapposizioni di note, è chiaramente possibile capire che tutto è in un equilibrio, nel quale basta spostare un'inezia, perché tutto crolli.

Come in un castello di carte.

In una scultura di Calder, ogni elemento si regge grazie a un oggetto complementare, che lo equilibra.

Delicate azioni / reazioni, non onde d'urto.

Prendendo atto che al mondo possono esistere persone in grado di piangere ed innamorarsi ascoltando brani dei Rage Against The Machine e gli MC5, mi sono chiesto: perché nella maggior parte dei casi colleghiamo le emozioni a opere d'arte delicate?
Qual'è il motivo per il quale una tenue canzone di Jeff Buckley, una vellutata scultura di Canova, una lieve fotografia di Stieglitz si legano nella nostra mente a intensi momenti carichi di sentimento?

Forse per contrastare le emozioni, di per sé così forti.

L’amore non accetta un contraltare, al massimo una timida spalla.

Quello che non mi riesco a spiegare è la ragione per la quale siamo così attratti e affascinati dalla delicatezza, dall'instabile bilanciamento e dalla precarietà nell’arte, quando poi cerchiamo nella nostra vita di allontanarci quotidianamente da tali sensazioni.

Probabilmente in questa crisi, l’arte diverrà una forma di espressione solida e monolitica, uno sgraziato dinosauro microcefalo che si farà spazio nella precarietà.
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Ascoltando:
Alanis Morissette, Alanis Unplugged, 1999
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lunedì 2 marzo 2009

WE ARE THE PIGS

Sommessamente, mi ritrovo ad osservare il mondo da un oblò, con il risultato però di disinformarmi, come qui spesso denuncio.
La pulce che viveva nel mio orecchio, nell’ultimo periodo ha deciso di piantare famiglia e proliferare.

Da quando l'attuale governo si è insediato, non ho sentito parlare altro che di immigrazione, soprattutto in termini accusatori.
Non vivo pensando che chi siede in parlamento abbia anche il tempo di decidere cosa è meglio dire e cosa è meglio tacere, penso che però il servilismo dei giornalisti e dei direttori possa fare molto in questo senso.

Autocensura.

Giorno dopo giorno ho cominciato anch'io a nutrire sentimenti di odio nei confronti dei delinquenti che, senza permesso di soggiorno, brulicano nel nostro paese.

Iniziavo a pensare che era il momento di arrabbiarsi, di agire.

Per la prima volta ho voluto che venisse ripristinata la pena di morte.
Io.

Poi le idee hanno cominciato a sedimentarsi, le immagini ad essere elaborate, mi sono rilassato...un dubbio si è insinuato...sarà mica l'ennesimo esempio di disinformazione per coprire altre notizie?

L'Ansa batte centinaia di titoli ogni giorno, è compito del direttore di un giornale di selezionarli, così da informare nella maniera più ampia chi riceverà tali comunicati.

Invece ogni giorno tutti i telegiornali propongono le stesse immagini: romeni stupratori.
Giorni fa l'Istat ha deciso di ricordare i dati che ha raccolto inerenti le violenze sulle donne: quasi il 70% degli stupri avviene in famiglia, il 17,4 è ad opera di un conoscente e solo il 6,2 degli stupri denunciati sono commessi da sconosciuti.

Queste sono cose che tutti sappiamo, ma che i mezzi di informazione cercano di farci dimenticare.

Lo stupro per me è paragonabile al delitto, la vittima ne porta con se i segni per tutta la vita, quindi va punito con pene severissime, ma tutto questo parlare di accampamenti, di violenze è pura e semplice disinformazione fuorviante.

Dentro le mura delle nostre case accadono le peggiori angherie immaginabili e noi invece guardiamo la realtà dentro una scatola che vomita falsità.
Lo dicono i dati.

Noi, siamo i maiali.

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Ascoltando:
Suede, Dog Man Star, 1994
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martedì 3 febbraio 2009

ROADS

Da quando ho deciso di non utilizzare più i canonici mezzi di informazione, se non sporadicamente, i miei unici contatti con il mondo sono: la mia piccola realtà quotidiana, degli sprazzi di telegiornale che colgo in pausa pranzo mentre mangio e i rotocalchi di gossip che girano nel bagno di casa mia.

Il pretesto per immortalare i miei “pensieri lasciati a macerare”, questa volta è nato leggendo a riguardo dei concorrenti del Grande Fratello in corso.
Ci viene comunicato che la maggior parte di questi attori incorpora un background ricco di partecipazioni, di comparsate in televisione, insomma non sono proprio dei perfetti sconosciuti.

Anche se la loro è una pessima recitazione, vi leggo la stessa determinazione di chi, con coraggio oppure ignoranza (l’una non esclude l’atra) intraprende un cammino verso un’unica direzione.
Giorno dopo giorno, cercano di entrare nella magnifica scatola piena di luci e immagini, che ci intrattiene con programmi sempre meno eleganti e freschi.
Cercano di entrarvi per l’uscita di sicurezza, in barba a immaginari buttafuori, che si distraggono un attimo.

Questi “backdoor men” entrano dalla porta sul retro mentre di fronte vi è una lunga fila di persone che ogni giorno si preparano, studiano, investendo in se stessi.

Non so se la moneta per diventare famosi, avere il quarto d’ora warholiano, sia ancora il sesso come anni fa.
Magari è con il presenzialismo oggi, insistendo, che si ottengono i risultati.
Un po’ come accade in politica o nelle gestioni statati, esempi similari di sistemi nei quali non puoi essere estromesso, semplicemente vieni traslato.
Così è in televisione, se hai il seno troppo grosso per fare la velina, ti propongono per partecipare al padre dei reality.

Non potrò mai nascondere quel pizzico di invidia che ha pervaso l’inizio dell’età adulta, quando ho cominciato a comprendere che molto del mio tempo lo avevo gettato in divertimenti, passioni, mentre persone anche vicine a me si stavano incamminando verso la loro strada.
Forse ho capito tardi qual’era la mia strada, così ho percorso una quantità indescrivibile di chilometri zigzagando in distrazioni, hobbies, relazioni più o meno importanti.
Sempre con la paura che se avessi intrapreso una strada non avrei mai più potuto tornare indietro.
A volte, guardando soprattutto gli esempi che ci propone la televisione, penso che basterebbe anche solo quella cieca determinazione per arrivare ovunque.
A volte considero che la marcia in più o il talento puoi anche non averlo, basta arrivare nella sala dei bottoni, quando vi giungerai saprai probabilmente cosa schiacciare.
A volte penso che se questi dubbi li ho io che ho più di trent’anni, non oso pensare i bambini, gli adolescenti, nei quali i rapporti interpersonali sono ormai avvizziti.
Guardando dentro la televisione magari penseranno che quello che accade all’interno sia vero.
Come i primi spettatori che videro il film dei fratelli Lumière.
Anche se era ferrata, era una strada no?

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Ascoltando:
Portishead, Dummy, 1994
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