mercoledì 13 aprile 2011

SUPERSTITION

Dicono che le piramidi cominciarono a essere depredate dalle morti dei rispettivi faraoni, in barba a maledizioni e superstizioni.
E’ comprovato che l’Anfiteatro Flavio, dopo il declino dell’impero romano, fu adoperato come cava per materiali da costruzione: i romani impiegarono, infatti, pietre, rocchi e capitelli dell’edificio per le murature di alcuni edifici residenziali.
Sembrerebbe insomma che, passato lo splendore di una civiltà, i popoli vogliano subito sbarazzarsi dei simboli dello sfarzo, appropriandosi di frammenti di eternità da esporre nelle proprie abitazioni private.
Come trofei di una guerra.
Lo spoglio di edifici rappresentativi, ha quindi numerose radici storiche, si può ipotizzare che nell’era di internet, tale pratica verrà realizzata in tempi record.
Il periodo di imbarbarimento che può attraversare una società in declino, non è prevedibile e talvolta stupisce anche i più fantasiosi.
Oggi non possiamo immaginare cosa succederà ai monumenti dell’occidente, quando il suo predominio vacillerà, quando le sue religioni e i suoi simboli non avranno più senso per le popolazioni che vi abitano.

Ma non siamo sotto assedio: i nostri veri nemici siamo noi stessi.
Nella periferia di Marghera, su terreni polverosi, oggi sorgono cattedrali disabitate: sono i grandi stabilimenti dismessi di aziende, dai fasti gloriosi.
Alla stessa stregua di ciò che avveniva negli edifici religiosi, qui i culti del capitalismo e quello della produzione industriale si officiavano ogni giorno.
In pochi sanno che oggi, questi immense testimonianze di un passato nemmeno tanto remoto, vengono depredati di ogni materiale commerciabile e riutilizzabile.
Alla faccia dell’arte povera e delle energie rinnovabili.
Intere squadre di abusivi, con orari e turni simili a quelli degli stabilimenti attivi, ogni giorno entrano in queste aree e cominciano letteralmente a smontare questi edifici.
All'inizio prendono tutto ciò che può essere trasportato facilmente, di facile guadagno: tamponamenti e macchinari, come fossero decorazioni, stucchi e pietre preziose.
Lentamente si arriva all'osso del fabbricato e ne rimane solo la scheletrica struttura.

A decine di metri d’altezza, vengono sfilati dalle strutture i cavi elettrici per estrarne l’anima in rame, facilmente rivendibile.

Pochi euro dividono questi individui dalla vita alla morte: il rischio è altissimo, il guadagno minimo.

Certo non saranno edifici di particolare interesse religioso o politico, ma vedere queste immense cattedrali d’acciaio sottratte di ogni elemento ha un sapore di film western.
Nude, senza dignità e decoro di una sepoltura, esposte al pubblico ludibrio, spazzate dal vento, scarnificate da sciacalli, microrganismi e intemperie.

Ci siamo dimenticati di queste opere d’arte, tecnicamente e artisticamente superiori ai contemporanei capannoni in cemento prefabbricati.

Ciò che mi ha stupito di queste aree dismesse, è il rapporto tra pieni e vuoti.
Come le abitazioni rurali agricole, questi immensi lotti di terreno, sovradimensionati rispetto ai fabbricati, ci danno l’idea di come questi fabbricati fossero dotati di una cornice, un passepartout che li nobilitava.
La scelta della nostra civiltà è stata quella di demolirli, oppure lasciare che crollassero sotto il peso degli anni.

Con la loro sparizione, perderemo storie e riflessioni, errori e successi della nostra società, sarà una insanabile amnesia edilizia.
_____________________________
Ascoltando:
Stevie Wonder, Talking Book, 1972

Nessun commento:

Posta un commento