domenica 18 maggio 2008

DISINTEGRATION

Ieri sera ho guardato il mio comodino, gremito di tascabili economici, riviste di architettura, magazine musicali e fumetti.
Al centro troneggiava "L'Ulisse", imperiale come la portata principale di una sontuosa cena.

I mezzi di informazione mi hanno ormai abituato a rapidi cambi di inquadratura, servizi veloci e sfiziosi, la stasi annoia, così mi ritrovo la bocca dello stomaco così stretta che sono costretto a rapidi assaggi di tutto.

Anche se le dimensioni del mio ego sono smisurate, non posso sottrarmi alla visione del mondo.
Degli sporadici lunghi aperitivi minano la mia salute, fatti di ciotoline di cous-cous con gamberetti, wurstel con patate, fritturine, persino i toast e i tramezzini li tagliano per renderli più appetibili, in questa logica dello sminuzzare.

Pezzetti di cibo sbriciolati, frammentini di sostanze più o meno caloriche inghiottiti a profusione.

Informazioni parziali e decontestualizzate passano sullo schermo, prive del peso che dovrebbero avere, loro sono contenti, noi le ingurgiteremo senza alcun problema, prese a piccole dosi così come ci vengono offerte.

Forse, un giorno, riuscirò ad affrontare Joyce come ogni tanto affronto uno stinco di maiale, un pranzo a base di lesso, una costata da un chilo.

Come una regale pietanza me lo gusterò.

Avulso da questo vivere sociale all'insegna dell'happy hour.
Scevro dai condizionamenti di questa nouvelle cuisine dell'informare e intrattenere.

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Ascoltando:
The Cure, Disintegration, 1989
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