Forse dopo questo post dovrò andare dall'analista.
La curiosità di ciò che un esperto potrebbe rivelarmi, mi attanaglia da tempo, ormai.
Per l'ennesima volta sto pensando alla vita come a una strada.
Ingenuamente, non so cosa significhi.
Forse è perché sono incredibilmente fatalista, forse perché qualche esame di urbanistica mi ha deviato.
Talvolta visualizzo la mia vita con un punto di osservazione collocato all'infinito.
Dall'assonometria di uno sguardo ravvicinato, la vista si trasforma in una prospettiva, poi in una rappresentazione con tre punti di fuga, poi un volo d'uccello.
Il risultato finale è una rappresentazione piatta, senza scorci, distorsioni, una forma simbolica alla Panofsky.
E' poi semplice vedere i tracciati, come si sono incrociati, i lassi di tempo, gli scontri.
Nei voli pindarici della mia mente, di fronte a un martini cocktail e l'amica di una vita, sono invece sceso in picchiata fino a terra.
Parlando di relazioni difficili, ho visualizzato le storie d'amore come una lingua d'asfalto percorso da cartelli.
A qualsiasi velocità percorriamo il nostro tracciato, spesso siamo soli.
Soli in ogni ripensamento, soli nel corso di ogni decisione che riguarda noi e la nostra metà.
L'unica compagnia sono dei cartelli che ci avvisano.
Gli avvisi debuttano in forma di paracarri con le scritte consumate dal tempo, ci passano accanto poi dei cartelli arrugginiti dalle piogge scroscianti.
Bufere d'amore.
Infine cartelli lucidi e smaltati, sempre più grandi.
Talmente enormi che dobbiamo correggere la traiettoria per non sbatterci contro.
Un enorme STOP che ci impone una brusca frenata.
Dovrebbero fare severissimi esami della vista, per chi, presuntuosamente, decide con coraggio di percorrere l'autostrada dell'amore.
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Ascoltando:
Goldfrapp, Felt Mountain, 2000
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