Terre selvagge, l'isola, la fattoria, la spiaggia, sono segnali di una decadenza mediatica e sociale ormai irrefrenabile.
Stando comodamente seduti su di una poltrona, ci nutriamo di sbobba carica di finzione.
Una raffigurazione idealizzata della sofferenza, degli stenti, dell'arrancare per sopravvivere.
Per quanto cerchino di rendere reali queste sensazioni, sono lontane dalla realtà quanto l'estetica di Policleto.
Non riesco a dare un motivo, a questa guerra contro ciò che ci hanno fatto tanto agognare per cinquant'anni.
Ben altre sono le realtà impervie.
Crude le immagini di un documentario sul Vietnam.
Vivide le fotografie di una monografia sull'africa di Sebastião Salgado.
Brutali le sagome di campani schiacciati dai loro stessi rifiuti.
Acri le sequenze dell'ennesimo pluriomicidio in una scuola.
Le giungle nelle quali si imbattono in molti ognio giorno, sono a volte più pericolose e invivibili dell'Alaska.
Certamente i luoghi, le esigenze, i mezzi e gli obiettivi sono diversi.
La forza come la fede scaturisce nelle circostanze gravose.
La bellezza dei luoghi sta nella capacità di saper leggere ciò che ci circonda.
Non esistono non-luoghi.
...queste sono banalità...
In un sistema normale quello che ho appena scritto funzionerebbe, sarebbe un coming-out per cominciare a combattere, ma
ci stanno uccidendo, piano piano...
...l'elettroenecefalogramma sussulta appena...il cuore giace sopito sotto una coltre di problemi e troppo lavoro...la nostra necessità di realizzarci come individui che uccide la famiglia...una politica gestita da anziani senza orizzonti...
...stanchi, soffochiamo, sognando la casa sulla spiaggia.
Non consci della nostra incapacità di sopravvivere nella civiltà.
Figuriamoci nei pressi delle acque salate.
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Ascoltando:
Beach House, Beach House, 2006
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Ascoltando:
Beach House, Beach House, 2006
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