Immagini e idee lasciate decantare, scritte di getto durante notti insonni.
Spunti di ascolto e riflessione.
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giovedì 29 agosto 2013
WISH YOU WERE HERE
In campo musicale si sta assistendo da qualche tempo a un revival che interessa tutta la produzione contemporanea, con particolare attenzione verso i settantaottanta.
Sono proprio questi gli anni di cui ormai non si contano più le reunion, tour che ripropongono scalette di album storici, dall’inizio alla fine, offrendo al pubblico ciò che esso desidera: rivivere i momenti passati.
Attimi carichi di ricordi vissuti sulla propria pelle oppure attraverso i racconti della televisione.
Francamente non ho mai assistito a un live di questo tipo e non me ne pento, anche se devo ammettere che la mia discografia casalinga è perlopiù da nostalgici.
Preferisco però sentire quelle note uscire da un supporto, piuttosto che ascoltarle risuonate.
Anche se non c’ero, ho sentito diverse opinioni riguardo il live che Roger Waters ha portato in giro ultimamente, riproponendo l’intera opera di The Wall (peraltro senza nessun altro membro dei Pink Floyd al fianco).
Le recensioni sono passate da “magnifico, incredibile come un uomo della sua età riesca ancora a fare un live così” a “imbarazzante, completamente senza voce, non riusciva a cantare”.
Ora, partendo dalla constatazione che io non c’ero, come non c’ero in tanti altri eventi di questo tipo (ad esempio i Sonic Youth che rifanno Daydream Nation, i Pixies che suonano brani di Surfer Rosa, i DEVO e altri), mi sono domandato cosa accadrà quando tutte queste rockstar passeranno a miglior vita, andando a fare delle jam con Hendrix e Bonzo Bonham.
La musica tornerà sui supporti oppure in streaming?
Sono pienamente convinto che ci si comincerà ad approcciare a questi brani come se si trattasse di musica classica, studiandoli in maniera precisa, suonandoli molto meglio degli artisti che li hanno composti.
Sicuramente i musicisti che accompagnavano Waters in questo tour di The Wall tecnicamente si possono considerare meglio degli altri membri dei Pink Floyd, l’impianto audio anni luce da quello utilizzato dalla band nel 1980/81, durante il tour promozionale.
Potremo ascoltare un cantante/bassista che si sappia esibire meglio di Waters sul palco, avvicinandosi ancora di più a quanto è stato inciso a suo tempo, aggiungendo l’enfasi del live.
Sono esperimenti che sono stati proposti da Gus Van Sant con il remake di Psycho di Hitchcock, oppure il nostrano Morgan che ha ripreso in mano il capolavoro di De André “Non al denaro, non all'amore né al cielo”.
Non sono operazioni che lasciano il tempo che trovano, sono semplicemente gesti che la nostra generazione trova stupidamente inutili, quando invece ci permettono di rileggere e studiare quanto è stato fatto di buono in questi anni, per poi proseguire con coerenza, seguendo un filo logico.
Se tentassimo di aggrapparci con le unghie e i denti agli artisti che quarant’anni fa hanno composto capolavori, per poi svuotarsi creativamente, perderemmo il valore stesso di un vero artista, che è quello di continuare a dire qualcosa, finché ce n’è.
Il suo valore aggiunto non è l’esistenza.
Esserci e riuscire ancora a fare quello che faceva cinquant’anni fa, non ha nulla di straordinario.
Se stessimo parlando di politica, a più di qualcuno gli avremmo già sputato in faccia.
Mi manca di più ciò che alcuni artisti non sono riusciti a dire, magari perché venuti a mancare prima che potessero esprimersi al pieno, piuttosto di coloro che continuano a fare il loro teatrino a settant’anni.
Le labbra di Jagger sono così perché ancora oggi sono troppe le persone ad esservi appese.
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Ascoltando:
Pink Floyd, Wish You Were Here, 1975
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