Immagini e idee lasciate decantare, scritte di getto durante notti insonni.
Spunti di ascolto e riflessione.
Un calderone mediatico che utilizza il mio punto di vista.
Una medicina: condividere è guarire.
giovedì 11 febbraio 2010
SIGN YOUR NAME
In questa Italia sempre più vicina sempre più simile agli Stati Uniti contenuti nelle pagine di "Furore" di John Steinbeck, i saldi sono estesi a beni sempre più ampi.
In tempi di crisi si aguzza l'ingegno, trovando sbocchi e doppifondi di barili.
Giorni fa, è stato stilato l'operato delle indagini riguardanti il lavoro nero dei braccianti.
Nel 2009, l'Inps ha recuperato tra evasioni e varie un miliardo e 502 milioni di euro, ovviamente a livello teorico.
Il difficile, in questi casi, è come al solito recuperare realmente queste cifre.
Sempre all'interno di quest'inchiesta si è scoperta un'attività parallela.
Mentre altre aziende non assumevano e sottopagavano gli extracomunitari, a Battipaglia invece le aziende assumevano a profusione.
Ovviamente nulla è lasciato al caso, le assunzioni erano fasulle e le agenzie di collocamento, illegali, utilizzavano queste società solamente per far entrare nel nostro paese dei finti braccianti.
Le mezzadre venivano poi smerciate nel mercato delle badanti e delle colf.
Quello che ha dell'inverosimile, è che una delle suddette società era di proprietà di un barbone della stazione Battipaglia.
Il clochard aveva ceduto il proprio nome e i dati, in cambio di una vecchia automobile dove poter coricarsi la notte.
Si ritrovava così a sua insaputa a capo di cinquecento dipendenti, fasulli.
Anche il nostro nome viene immesso giornalmente in form, iscrizioni a social network, mailing list, multiple caselle di posta.
Nella videocracy, la società dell'immagine, le fotografie e le immagini cominciano ad avere sempre meno forza, impatto.
Il nostro quarto d'ora warholiano si sta dilatando.
Quanto vale il mio nome?
Quanto valgono i miei dati?
Continuare a scrivere il mio nome e vederlo comparire su videate internet, non gli toglie forse valore?
Così mi tornano in mente le parole che Calvino mise in bocca a Marco Polo: "Le immagini della memoria, una volta fissate con le parole, si cancellano".
Forse è per questo che scrivo anch'io.
Per dimenticare.
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Ascoltando
Terence Trent D'Arby, Introducing the Hardline According to Terence Trent d'Arby, 1987
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