Questa volta il pretesto del titolo della canzone è effimero, ben più importante è il nome del gruppo.
La mia riflessione parte sui guinzagli e sulla loro lunghezza.
Ogni giorno, la nostra esistenza, è condizionata da decine di cinghie di cuoio che ci strattonano ad ogni movimento.
Alcune, pericolose si dice, sono collegate a collari che stritolano la nostra trachea.
Più cerchiamo di essere indipendenti e più annaspiamo.
Trovo alcuni di questi lacci, necessari.
Leggi inequivocabili che permettono, agli esseri umani, di sopravvivere gomito a gomito.
Giorno dopo giorno.
Altre briglie ce le mettiamo da soli, ogni mattina quando ci alziamo dal letto e immaginiamo che non ci sia via d'uscita.
Fantastichiamo che quello che stiamo facendo nella vita, sia l'unico percorso che ci permette di deambulare in maniera decorosa.
La fase successiva può essere solo quella di cominciare a provare sentimenti nei confronti del nostro padrone.
Colui o colei che, con polso fermo, attraverso gesti decisi manovra il nostro perplesso incedere.
Ho provato collari stretti, lavori alla mercé di padri-padroni, fidanzate possessive che con corregge tarpavano le mie ali, rendendole sottili come carta di riso.
Fortunatamente il dolce torpore del masochismo può essere sostituito dalla brezza di una libertà condizionata.
Pavlov insegnava che, sottomettendo un animale a stimoli condizionati, si poteva ottenere un riflesso condizionato, anche a distanza di anni.
Quando i compromessi nella coppia e nel lavoro, si tramutano in gesti educativi, anche involontari, gli echi si ripercuotono per intervalli lunghissimi.
Come quadrupedi da esperimento, ci potremmo ritrovare a produrre saliva anche solo per un innocuo rumore.
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Ascoltando:
Pavlov's Dog, Pampered Menial, 1974
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