Immagini e idee lasciate decantare, scritte di getto durante notti insonni.
Spunti di ascolto e riflessione.
Un calderone mediatico che utilizza il mio punto di vista.
Una medicina: condividere è guarire.
martedì 25 agosto 2009
A WARM PLACE
Pochi giorni fa, passeggiando per Roma, mi sono sentito addosso quella splendida sensazione di “calore familiare”, la stessa che hai dentro, quando sei nella tua città.
E’ strano perché era un sacco di tempo che non vi tornavo, e la sensazione si è sprigionata già dal secondo giorno di permanenza.
Premetto che quando è necessario fare il turista, non mi tiro indietro, girare così con una piantina in mano non è né un’onta, né un disonore per me, ma l’unico modo per conoscere meglio una complicata metropoli.
Quasi senza meta, a parte due visite obbligate, ho così vagato per la città eterna.
Era la prima volta in cui giravo liberamente per la capitale, libero dagli impedimenti di insegnanti o familiari, i quali a suo tempo avevano giustamente ostacolato la possibilità di vagare indipendentemente.
Troppo piccolo.
Gli occhi invece, questa volta maturi, non si sono soffermati un attimo, scorrevano da un edificio ad un altro.
Turbinii di ricordi e nozioni si sovrapponevano nella mia mente.
Figure di artisti e pontefici, nobili ed architetti che incontrandosi idearono quei capolavori.
A volte un colonnato era tamponato per diventare un edificio, ben disegnato ed armonico, in un’epoca in cui armonico fortunatamente non significava simmetrico, altre volte la traccia di un rudere diventava lo spunto per un nuovo progetto.
Oggi la ricucitura di ruderi è un concetto avulso dalla nostra cultura, sembra che qualsiasi opera del passato debba essere inguainata e messa sotto teca per non essere intaccata da progettisti e artisti contemporanei.
La storia è costellata di edifici trasformati, ampliati, demoliti e ricostruiti.
Palazzi mutilati e tamponati, sconsacrati e resi cristiani, nobilitati e spogliati di ogni decoro, a volte per mano di artisti, a volte per causa di selvaggi, i quali agivano in entrambi i versanti.
Dipinti di tutto rispetto furono così coperti di una mano di bianco e nascosti per sempre, a causa del costo eccessivo di una tela preparata.
Si cancellavano mirabili affreschi con una mano di calce per fare spazio a nuove raffigurazioni più fresche e moderne.
Mentre in passato il tutto era attuato, certo non senza polemiche, ma con una discreta semplicità, oggi studiosi in cerca di fama cercano l’occasione di mettere il becco su qualsiasi inezia sia da realizzare all’interno del nostro patrimonio artistico.
Sgarbi sembra sia sempre dietro l’angolo.
Una tendenza questa, che colpisce anche la nostra classe politica, la quale attribuisce sempre gli errori alle gestioni precedenti.
Non è un modo propositivo di relazionarsi con il passato.
Non siamo più capaci di agire per frammenti, di completare puzzle nei quali mancano dei pezzi.
Innioranti siammo.
Mi sembra quasi assurdo oggi, pensare che gli artisti di tutte le epoche si siano messi alla prova, nel completare composizioni di musica classica, edifici sacri, scenografie e dipinti di tutte le epoche, senza la paura di cimentarsi con il passato o con il proprio maestro.
Per ergerci, dovremmo avere l’umiltà di imparare a conoscere la storia e sederci sulle spalle di un gigante, al posto di fingere stature inesistenti, utilizzando come miseri ingredienti la nostra ombra in un pallido tramonto e un paio di scarpe col tacco.
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Ascoltando:
Nine Inch Nails, The Downward Spiral, 1994
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